mercoledì 23 ottobre 2024

Le Terrificanti Armi Autonome e gli Sciami di Droni: Un Nuovo Capitolo nella Guerra Moderna

 


ACHILLE DE TOMMASO
Computer Science, Anthropology, Science and Information Technology, Biology, . Writer of technologies and Anthropology. CEO of large corporations, CEO of ANFOV. ex Consultant of Soviet Academy of Science and EU

L’avanzamento tecnologico nel campo militare ha aperto una nuova frontiera con lo sviluppo di armi autonome e sciami di droni, capaci di cambiare il modo in cui si combattono le guerre. Questi sistemi offrono un potenziale straordinario per l'efficacia militare, ma sollevano anche preoccupazioni etiche e di sicurezza. Gli sciami di droni, in particolare, rappresentano una delle innovazioni più temibili, grazie alla loro capacità di coordinarsi in modo intelligente e spesso controllati, in alcuni casi, da elicotteri con pilota, che fungono da hub di comando.

Sciami di Droni: Coordinazione Intelligente e Ruoli Specializzati

Uno dei punti di forza degli sciami di droni è la loro capacità di agire come un'unica entità coordinata, dove i singoli droni vengono assegnati a compiti specifici in base alle necessità della missione. Ogni drone può avere un ruolo ben definito, con alcuni incaricati di compiere azioni di sorveglianza, mentre altri sono destinati all'attacco, al disturbo elettronico o alla raccolta di dati. Gli algoritmi avanzati e l'intelligenza artificiale consentono a questi droni di comunicare tra loro in tempo reale, condividendo informazioni e adattando la loro strategia in base all'evolversi della situazione.

Ad esempio, uno sciame potrebbe includere droni dotati di sensori per identificare bersagli, altri armati per eseguire attacchi di precisione, e alcuni incaricati di proteggere l'intera formazione contro minacce esterne. Questa divisione dei compiti rende gli sciami incredibilmente versatili, permettendo di sopraffare difese nemiche più tradizionali e di adattarsi rapidamente a diverse situazioni sul campo di battaglia.

Il Ruolo degli Elicotteri con Pilota nel Controllo degli Sciami

In molti casi, gli sciami di droni non sono del tutto autonomi, ma vengono controllati da elicotteri con pilota, che fungono da centri di comando mobili. Gli elicotteri, operando come piattaforme di controllo, offrono una supervisione umana, che può intervenire e prendere decisioni critiche quando necessario. In questo modo, l'intervento umano si combina con l'autonomia dei droni, permettendo un maggiore controllo sulla missione.

Questo approccio è particolarmente utile in situazioni complesse dove i droni devono reagire a minacce impreviste o a cambiamenti improvvisi nelle condizioni di battaglia. L'elicottero può adattare la strategia in tempo reale, fornendo direttive ai singoli droni dello sciame e assicurando che l'operazione rimanga sotto controllo.

Armi Autonome: Una Potenza Senza Precedenti ma con Gravi Rischi

Le armi autonome sono progettate per agire senza intervento umano, prendendo decisioni letali basate su algoritmi avanzati. Questi sistemi possono identificare e attaccare bersagli in modo autonomo, come nel caso dei droni "killer" che possono operare indipendentemente una volta programmati. Uno degli esempi più noti è il drone Harpy, sviluppato in Israele, che può rilevare e distruggere radar nemici senza bisogno di una supervisione umana diretta.

Tuttavia, le armi autonome sollevano gravi preoccupazioni etiche. La possibilità che una macchina prenda decisioni di vita o di morte senza comprendere il contesto o valutare l'impatto umano pone una sfida fondamentale: come possiamo garantire che queste armi non prendano decisioni sbagliate o non provochino vittime civili? Il rischio di errori fatali è alto, soprattutto se le armi autonome non riescono a distinguere chiaramente tra combattenti e civili o se i loro algoritmi vengono compromessi.

Sciami di Droni e Attacchi Coordinati

Gli sciami di droni rappresentano una nuova e inquietante forma di armamento, grazie alla loro capacità di agire in modo coordinato su larga scala. Gli sciami possono essere utilizzati per missioni di ricognizione, attacco e difesa, sfruttando il vantaggio del numero. Gli attacchi coordinati da parte di uno sciame possono sopraffare le difese nemiche, che non sono progettate per fronteggiare centinaia o migliaia di piccoli obiettivi simultanei.

Ad esempio, un singolo sistema di difesa antiaerea potrebbe essere facilmente saturato da uno sciame di droni che agisce in massa, colpendo obiettivi multipli contemporaneamente o ingannando i sensori con attacchi diversificati. Gli sciami di droni possono anche agire come disturbatori elettronici, rendendo inutili i radar e le comunicazioni nemiche.

Dilemmi Etici e Regolamentazione delle Armi Autonome

La rapida evoluzione delle armi autonome e degli sciami di droni ha generato un crescente dibattito internazionale sulla necessità di regolamentare queste tecnologie. Organizzazioni come Human Rights Watch hanno avviato campagne per vietare l'uso di armi completamente autonome, sostenendo che l'assenza di controllo umano diretto nei conflitti militari rappresenta una minaccia grave. Senza una regolamentazione chiara, c'è il rischio che le armi autonome vengano utilizzate in modo indiscriminato, amplificando i conflitti e minacciando la sicurezza globale.

Nonostante queste preoccupazioni, alcuni esperti sostengono che le armi autonome, se regolate adeguatamente, potrebbero ridurre il numero di vittime civili e migliorare la precisione degli attacchi militari. Tuttavia, il problema di chi sia responsabile in caso di errore, così come la complessità di programmare algoritmi che riflettano valori etici condivisi, resta aperto.

Conclusione

Le armi autonome e gli sciami di droni rappresentano un cambiamento epocale nel modo in cui vengono combattute le guerre moderne. Sebbene queste tecnologie offrano vantaggi significativi in termini di efficacia e precisione, pongono anche sfide etiche e legali che non possono essere ignorate. La regolamentazione e la supervisione umana saranno fondamentali per garantire che queste potenti tecnologie non sfuggano al controllo, trasformando i conflitti militari in scenari ancora più devastanti.

Intelligenza Artificiale e Difesa: Strategie, Innovazioni e Futuri Possibili nella Difesa Militare

Science Edition

di Achille De Tommaso (Autore)

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sabato 22 giugno 2024

INTERFACCIA CERVELLO-COMPUTER NELLA DIFESA MILITARE


Entro il 2040, le interfacce cervello-computer (BCI) avanzate forniranno al combattente americano notevoli vantaggi. Le BCI permettono una comunicazione neurale diretta tra macchina e cervello, bypassando sia il sistema nervoso periferico che gli organi sensoriali. Presto, questa tecnologia supererà l'uso medico riabilitativo e offrirà significative opportunità di miglioramento umano e macchinario. Le attuali tecnologie di interfaccia cerebrale hanno già dimostrato la capacità di leggere e interpretare le informazioni sensoriali, la "voce interiore" e l'intenzione di eseguire funzioni motorie. In modo straordinario, questa stessa tecnologia è stata utilizzata per stimolare artificialmente i neuroni al fine di trasmettere informazioni sensoriali, controllare le funzioni motorie, migliorare le capacità cognitive e abilitare una rudimentale comunicazione cervello-cervello.

I progressi nella tecnologia dei materiali, nella elaborazione informatica e nelle neuroscienze accelereranno lo sviluppo di capacità BCI sicure, pratiche e robuste. Le interfacce bidirezionali con la capacità di influenzare gruppi neurali specifici non solo rivoluzioneranno l'assistenza sanitaria, ma trasformeranno anche il modo in cui l'individuo medio interagisce con gli altri e con il proprio ambiente connesso. Questo rivoluzionerà la comunicazione. Le previsioni di mercato indicano che i primi dispositivi di messaggistica controllati dal pensiero di Apple o Google saranno disponibili sul mercato entro 10 anni e che l'interfaccia in stile cervello-computer potrebbe diventare l'interfaccia informatica più comune entro l'inizio degli anni 2030. Come con qualsiasi innovazione tecnologica di comunicazione rivoluzionaria, l'interazione diretta cervello-computer sarà commercialmente redditizia e la sua presenza si diffonderà rapidamente in tutto il mercato globale.

Nessun esercito avrà il monopolio della tecnologia BCI perché la ricerca sulle BCI è diffusa in tutta l'Unione Europea, in Asia e negli Stati Uniti, con oltre 30 principali centri di ricerca. L'anno scorso, è stato un team di ricerca multinazionale a raggiungere la comunicazione diretta cervello-cervello tra due esseri umani. Contrastare la proliferazione della tecnologia BCI sarebbe estremamente difficile e impraticabile.

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mercoledì 29 maggio 2024

Fisica e biologia si alleano: e nasce la biologia quantistica

 

Fisica e biologia si alleano: e nasce la biologia quantistica

di Achille De Tommaso

 

C’è stato un tempo, non molto tempo fa, in cui i biologi giuravano nero su bianco che la meccanica quantistica non poteva avere alcun ruolo nei sistemi della vita. Io stesso, in un mio articolo, paventavo che l’era della Fisica stesse per cedere il passo a quella della Biologia.

Oggi ci affidiamo all’analisi del DNA per scoprire la vera origine di una traccia biologica, e i risultati sono sempre precisi: Il DNA non commette errori. In realtà il DNA può commetterne e può portare a mutazioni. E questa possibile verità ci viene spiegata dalla Meccanica Quantistica; una alleanza tra Biologia e Fisica.

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I due filamenti della famosa doppia elica del DNA sono collegati insieme da legami a idrogeno tra le basi, che forniscono la colla che le tiene insieme. Questi legami sono come i pioli di una scala elicoidale che costituisce la struttura a doppia elica scoperta nel 1952 da James Watson e Francis Crick. 

Normalmente, queste basi del DNA (chiamate A, C, T e G) seguono regole rigide su come si legano insieme: A si lega sempre a T e C sempre a G. Questo stretto accoppiamento è determinato dalla forma delle molecole, che si adattano insieme come pezzi di un puzzle. Ma, se la natura dei legami idrogeno cambia leggermente, ciò può causare la rottura della regola di accoppiamento, portando al collegamento delle basi sbagliate e quindi ad un errore di duplicazione. Questi errori sono conosciuti da tempo, e fanno parte, oggi della teoria evolutiva, ma il loro studio è significativo quando si presenti una mutazione.

Sebbene questo fatto fosse previsto da Crick e Watson, utilizzando sofisticati modelli computerizzati, un team di fisici e chimici dell'Università del Surrey ha dimostrato che tali errori nella copiatura possono verificarsi a causa delle strane regole del mondo quantistico.  Il team, con sede presso il Leverhulme Quantum Biology Doctoral Training Center; fa parte del programma di ricerca del Surrey nel nuovo entusiasmante campo della biologia quantistica. Ha dimostrato che questa modificazione nei legami tra i filamenti del DNA è molto più diffusa di quanto si pensasse finora.  Il team ha utilizzato un approccio chiamato sistemi quantistici aperti per determinare i meccanismi fisici che potrebbero far sì che i protoni saltino tra i filamenti di DNA. Ma, cosa più intrigante, ha trovato che è grazie a un meccanismo quantistico ben noto, ma quasi magico, chiamato tunneling, che è simile ad un fantasma che passi attraverso un muro solido, che riescano ad attraversarlo.

Fin qui la notizia scientifica, ma entriamo nel dettaglio:

Il fenomeno del tunneling in fisica quantistica è un concetto affascinante che si basa sulla possibilità per una particella di attraversare una barriera di potenziale anche se non ha energia sufficiente per superarla secondo le leggi classiche della fisica. Ma, intendiamoci, il tunneling non è un processo esotico, importante solo per effetti fisici speciali; ha già parecchie applicazioni, come il diodo tunnel, la microscopia a tunneling a scansione (tunneling elettronico) o la microscopia ottica che opera in modalità tunneling di fotoni. Ma oggi si scopre che possa fare molto di più: i processi fisici e chimici che sono cruciali nelle teorie sull’origine e l’evoluzione della vita possono essere ricondotti direttamente agli effetti del tunneling quantistico.

Questo avviene perché, secondo la teoria quantisticala particella non ha una posizione o un'energia ben definita, ma esiste come un'onda di probabilità che si estende nello spazio. Di conseguenza, anche se la maggior parte della probabilità vede la particella sul lato iniziale della barriera, c'è una piccola ma non trascurabile possibilità che essa si trovi dall'altra parte della stessa.

Nel contesto delle mutazioni del DNA, l'applicazione del concetto di tunneling viene considerato in modalità analoga: il DNA è costituito da una lunga sequenza di basi azotate, e le mutazioni si verificano quando questa sequenza viene alterata. Queste mutazioni possono essere causate da vari fattori, come l'esposizione a radiazioni o a sostanze chimiche dannose.

Ora, se consideriamo il DNA come una sorta di "barriera", possiamo immaginare che le particelle (ad esempio, agenti mutageni come raggi UV o composti chimici) possano "tunnelizzare" in maniera quantistica attraverso questa barriera, causando danni al DNA e potenzialmente portando a mutazioni. Anche se le leggi della fisica classica suggerirebbero che la barriera del DNA dovrebbe proteggere la sua integrità, la meccanica quantistica ci insegna che esiste sempre una possibilità di tunneling, anche se molto piccola.

Questa scoperta è importante, perché ci aiuterà a comprendere meglio i meccanismi alla base delle mutazioni genetiche e, con esse, delle malattie genetiche, aprendo la strada a potenziali approcci terapeutici per prevenirle o trattarle.

E aprendo la strada ad altre scoperte della biologia quantistica e, ad altri fatti della vita fisiologica, finora ritenuti inspiegabili.

 

RIFERIMENTI

http://ebook.scuola.zanichelli.it/sadavabiologia/section-4/la-struttura-del-dna/section-4/la-struttura-del-dna#

https://www.nature.com/articles/s42005-022-00881-8

https://www.eurekalert.org/news-releases/951771

 

Evoluzione dell'intelligenza artificiale: macchine autoreplicanti, da Von Neumann ai giorni nostri

 

Evoluzione dell'intelligenza artificiale: macchine autoreplicanti, da Von Neumann ai giorni nostri

di Achille De Tommaso

 

Nel vasto panorama dell'intelligenza artificiale, si fa spazio un intreccio affascinante tra antiche visioni e moderne scoperte scientifiche. È sorprendente scoprire che l'idea di macchine capaci di auto-riproduzione non è una novità dei nostri tempi, ma risale addirittura alla prima metà del Novecento, quando il genio di John Von Neumann intravvide l'ipotetica possibilità di tali creature. Ancor più sorprendente è il fatto che questa visione anticipasse addirittura le fondamenta della biologia moderna, con il concetto dell'RNA messaggero: una microscopica macchina, che copia le informazioni del DNA e le trasmette ad una struttura, che le utilizza per fabbricare proteine. Ma c’è di più: Von Neumann, in realtà, stabilì le regole logiche alla base di tutte le modalità di autoreplicazione, siano esse biologiche, meccaniche o digitali: von Neumann dimostra che è necessario un meccanismo che non solo sia capace di riprodurre un determinato essere, ma anche le istruzioni che caratterizzano quell’essere.

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Per decenni, l’intelligenza artificiale autoreplicante è stata fonte di fascino e preoccupazione. Lo sviluppo dell'intelligenza artificiale autoreplicante è stato un processo continuo di innovazione e scoperta dalle prime teorie di John Von Neumann ad oggi. 

Il matematico e informatico John Von Neumann propose per primo il concetto di macchine autoreplicanti negli anni '40. Von Neumann pensava che fosse possibile creare macchine autoreplicanti che utilizzassero materie prime ed energia provenienti dall'ambiente circostante per creare copie di se stesse. All’epoca, questa idea era rivoluzionaria e servì come base per la creazione di un’intelligenza artificiale autoreplicante.

I primi esperimenti con macchine autoreplicanti furono condotti negli anni '50 e '60. I ricercatori crearono semplici robot in grado di assemblare repliche di se stessi partendo da parti semplici. Sebbene questi primi test fossero rozzi, dimostrarono che le macchine erano capaci di autoreplicarsi.

L’idea dell’intelligenza artificiale autoreplicante è diventata poi più complessa con l’avanzare dell’informatica. I ricercatori hanno iniziato a creare programmi per computer autoreplicanti negli anni '80. Nel bene e nel male: infatti, questi programmi, noti come virus, sono diventati rapidamente un problema serio per gli utenti di computer.  Come sappiamo bene, virus informatici possono invadere, replicarsi e diffondersi su altri computer, provocando danni e interruzioni del sistema.

I ricercatori hanno iniziato a esaminare poi in dettaglio il potenziale dei robot autoreplicanti negli anni ’90. A quel tempo si iniziò ad istruire i robot a costruire duplicati di se stessi, con attrezzature e materiali molto specializzati e sofisticati. L'idea a quel tempo fu anche di sviluppare robot in grado di viaggiare su altri pianeti e fermarsi i lì, stabilendo nuove colonie man mano che viaggiavano.

Con l’avvento della tecnologia di stampa 3D nei primi anni 2000, l’intelligenza artificiale autoreplicante ha poi fatto notevoli progressi. I ricercatori sono stati in grado di creare facilmente strutture e parti complesse grazie alla stampa 3D, che ha creato nuove opportunità di autoreplicazione. Gli scienziati hanno così cominciato a creare robot in grado di duplicarsi utilizzando la tecnologia di stampa 3D, consentendo loro così di adattarsi all’ambiente circostante.

L’intelligenza artificiale autoreplicante è oggi una componente cruciale del settore della robotica. Le aziende stanno sviluppando robot in grado di manutenersi e ripararsi da soli, per ridurre la necessità dell’intervento umano. I robot autoreplicanti vengono utilizzati in campi come l’estrazione mineraria, l’esplorazione spaziale e l’agricoltura dove possono svolgere compiti troppo rischiosi o impegnativi per le persone.

I potenziali effetti dell’IA autoreplicante, tuttavia, possono non essere tutti piacevoli. Si teme che l’intelligenza artificiale autoreplicante possa mettere in pericolo la sicurezza delle persone. Se l’intelligenza artificiale autoreplicante dovesse diventare fuori controllo, potrebbe rapidamente contrastare qualsiasi tentativo di controllarla duplicandosi rapidamente. Molti ricercatori nutrono serie preoccupazioni riguardo a questo scenario, noto anche come scenario “grey goo”.

Lo scenario "grey goo" è un concetto teorico che si riferisce a una situazione ipotetica in cui nanorobot autoreplicanti, progettati per eseguire determinate funzioni, perdono il controllo e iniziano a riprodursi incontrollabilmente, consumando tutte le risorse disponibili sulla Terra e trasformando tutto ciò che incontrano in massa informe di nanorobot simile a una sostanza grigia, da cui il termine "grey goo" (in italiano "melma grigia").

Questo scenario, coniato dallo scrittore Eric Drexler negli anni '80, solleva gravi preoccupazioni riguardo alla sicurezza e al controllo delle tecnologie autoreplicanti, specialmente quando si tratta di nanotecnologie avanzate. Se i nanorobot progettati per riprodursi e svolgere determinate funzioni dovessero perdere il loro sistema di controllo o essere soggetti a malfunzionamenti, potrebbero proliferare senza limiti, consumando risorse vitali come aria, acqua e suolo, mettendo in pericolo la vita sulla Terra.

Sebbene lo scenario "grey goo" sia attualmente considerato più una speculazione fantascientifica che una reale minaccia, solleva importanti questioni etiche e morali riguardo alla responsabilità nell'uso e nello sviluppo delle tecnologie autoreplicanti. La gestione del rischio e la sicurezza sono quindi elementi cruciali da considerare quando si sviluppano e si implementano tali tecnologie.

Ci sono anche incertezze sul fatto che diffuse perdite di posti di lavoro potrebbero derivare dall’IA autoreplicante mentre le macchine iniziano a sostituire le persone in molti settori. Le macchine autoreplicanti potrebbero superare il lavoro umano man mano che si sviluppano in sofisticatezza e potenza, lasciando molte persone senza lavoro o altri mezzi di sussistenza.

Nonostante queste preoccupazioni, l’intelligenza artificiale autoreplicante presenta vantaggi che non possono essere ignorati. Settori come quello manifatturiero e quello edile potrebbero subire una rivoluzione grazie ai robot autoreplicanti, che aumenterebbero l’efficienza e ridurrebbero i costi. Potrebbero anche essere impiegati per scoprire e colonizzare nuovi pianeti, creando nuove opportunità per la civiltà umana.

In conclusione, dai primi concetti di John Von Neumann ad oggi, lo sviluppo dell’intelligenza artificiale autoreplicante è stato un processo continuo di innovazione e scoperta.  È fondamentale valutare attentamente i vantaggi e gli ostacoli, mentre continuiamo a sviluppare un’intelligenza artificiale che sia anche autoreplicante. Per evitare di mettere in pericolo la società umana, è essenziale assicurarsi che queste macchine siano costruite e programmate pensando alla sicurezza.

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