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Industria 4.0, gli impatti di lungo periodo sul sistema socio-economico

Industria 4.0, gli impatti di lungo periodo sul sistema socio-economico

Industry 4.0 è molto di più di un nuovo metodo di produzione. Ha molti vantaggi, ma anche sfide. Come la sicurezza, la necessità di “investimenti al buio”, gli aspetti sociali e politici. Tutti fattori avvolti ancora in grande indeterminazione. Facciamo il quadro
14 Dic 2016


La datazione del termine “Industry 4.0” è molto probabilmente il 2011, quando Henning Kagermann, capo della Acatech (Accademia Nazionale Tedesca di Scienze e Tecnologia) usò esattamente questo termine per descrivere un progetto sponsorizzato dal governo. Possiamo quindi anche ritenere che questo “movimento” sia iniziato in Germania da alcuni anni; e già ora, infatti, alcune delle più importanti aziende tedesche hanno fatto buoni progressi in questa direzione: il loro elenco comprende Basf, Bosch, Daimler, Deutsche Telekom, Klokner & CO. e Trumpf. Il fenomeno si sta però alacremente diffondendo un po’ dappertutto; in particolare negli USA, Giappone, Cina, le “Nordic”, e UK. E molte di queste nazioni hanno già sopravanzato la Germania (es. Giappone). Alcuni osservatori considerano che la stessa Germania, leader mondiale nella produzione tecnologica, potrebbe ricevere sensibili danni da questa rivoluzione, che agevola anche piccole aziende e paesi emergenti.
Come noto il termine Industry 4.0 si riferisce ad un insieme di diversi settori digitali innovativi; quasi tutti oggi riferentisi al segmento manifatturiero. Questo insieme contiene: robotica avanzata e intelligenza artificiale, sensoristica sofisticata, cloud computing, IoT, data capture e analitics, 3D printing, software-as-a- service, marketing digitale, dispositivi mobili, algoritmi per la guida senza pilota o comunque autonoma, e molto altro. Il tutto incapsulato in una catena del valore interoperabile a livello globale e quindi condivisibile da molte aziende di ogni dimensione in nazioni diverse. Queste tecnologie sono spesso pensate come separate, ma quando esse si integrano, sono in grado di fondere assieme il mondo fisico con quello virtuale: un mutamento che è una rivoluzione e che è interessante capire.
Nel 2015 PWC ha elaborato un rapporto raccogliendo dati su più di 2.000 aziende di 26 paesi; includendo settori come aerospaziale, difesa, automotive, chimica, elettronica, engineering, costruzioni, produzione di carta e di packaging, trasporti e logistica. Un terzo degli intervistati ha affermato che le loro aziende hanno già raggiunto un buon livello di digitalizzazione e integrazione e l’86% si aspetta di ottenere elevate riduzioni di costi e incrementi di fatturato. Il 55% degli intervistati ha dichiarato di aspettarsi un ritorno sugli investimenti di meno di due anni.
Gli incrementi di fatturato provengono in gran parte dall’offerta di profili digitali aggiuntivi oppure con la fornitura di analytics ai clienti. Con l’aumento di operatività 4.0 all’interno di un’azienda, essa si accorgerà però che i benefici andranno molto oltre il semplice vendere nuove tipologie di prodotti; ma vedrà che la propria azienda è più efficiente, perché essa fa parte di un unico ecosistema completamente interconnesso di fornitori, clienti, distributori, partner e dipendenti. Collegato poi ad altre reti similari nel mondo.
Ma cosa c’è di nuovo in questa rivoluzione? Cosa c’è di diverso rispetto ad essere un nuovo metodo di produrre? Vediamo quali sono gli elementi innovativi di “Industry 4.0”.
Fusione di reale con virtuale: “coscienza” dei macchinari. Sotto il paradigma Industry 4.0, la progettazione del prodotto ed il suo sviluppo possono aver luogo in laboratori simulati che utilizzano modelli digitali virtuali. I prodotti fisici acquisiscono forma tangibile solamente dopo che tutti i problemi di progettazione e ingegnerizzazione sono stati risolti. Ma non è tutto: le reti di macchinari produttivi diventano “coscienti” e sono in grado di rispondere rapidamente non solo a comandi umani o del software di produzione, ma anche alle loro stesse percezioni.
“Industry 4.0” porterà una maggior fidelizzazione dei dipendenti. Tra le riduzioni di costi c’è un elemento interessante emerso dall’ indagine di PWC: poiché la “produzione 4.0” pare renda il cliente più soddisfatto, anche gli stessi dipendenti del produttore ne risultano più appagati e soddisfatti e quindi incentivati a rimanere in azienda. E ciò abbassa i costi di training e supporto dovuti al turnover del personale.
Il problema di essere “first mover” e la sicurezza. Vi sono molte sfide associate ad “Industry 4.0”, tra cui il dover completamente aprire i propri dati verso l’esterno; e questo può rappresentare un problema per molti. Inoltre ci si deve aspettare di dover fare considerevoli investimenti con buon anticipo rispetto ai risultati attesi. Tenendo anche presente che molti aspetti degli stessi processi di questo paradigma non sono ancora ben conosciuti.

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