Di Achille De Tommaso
8 settembre 2025
La crisi francese è oggi molto più grave di quanto i media europei lascino intendere. Mentre l’attenzione pubblica è distratta da altri fronti — dalla Flottiglia nel Mediterraneo alle tensioni globali — Parigi vive un vero e proprio collasso politico ed economico, che ricorda un default controllato.
Il segnale più evidente è arrivato dalle dimissioni di Sébastien Lecornu, Primo ministro dal 9 settembre 2025, nominato da Emmanuel Macron dopo mesi di incertezza politica. Lecornu, già ministro della Difesa e figura di spicco nella gestione dei contratti strategici (dai Rafale alle collaborazioni con Grecia e India), ha lasciato l’incarico a meno di un mese dal suo insediamento. La sua uscita, accolta da forti proteste anche nel campo macroniano, ha reso palese la crisi di coesione interna all’esecutivo e il logoramento del progetto politico del presidente.
Sul piano economico la situazione è drammatica: debito pubblico al 112% del PIL, deficit oltre il 5%, inflazione persistente e produzione industriale in calo. A maggio Fitch Ratings ha declassato la Francia citando “squilibri fiscali e tensioni sociali strutturali”. Macron, stretto tra Bruxelles e il malcontento popolare, ha reagito con riforme sospese, tagli selettivi alla spesa pubblica e privatizzazioni mascherate.
Diversamente dall’Italia nel 2011, Parigi gode di una sorta di protezione mediatica: nessuno parla apertamente di crisi di sistema, eppure i segnali sono chiari — fuga di capitali, disoccupazione giovanile al 18%, banlieue in ebollizione e un crescente clima di sfiducia. Bruxelles tace, temendo che un crollo francese trascini l’intera eurozona.
L’impressione — condivisa ormai anche da parte della stampa tedesca come la Frankfurter Allgemeine Zeitung — è che la Francia stia vivendo una crisi sistemica mascherata da stabilità apparente. Il cosiddetto “default controllato”, mantenuto grazie alla BCE e al silenzio complice dei media, serve solo a rinviare il tracollo. La verità è che la seconda economia dell’eurozona è in apnea: se Parigi crolla, l’Unione Europea rischia di seguirla.
La Flottiglia può distrarre per qualche giorno l’opinione pubblica, ma la vera tempesta — quella che minaccia la stabilità europea — si prepara a Parigi.
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