lunedì 6 marzo 2017

Natura umana e filosofia antropo-digitale: noi siamo solo mente - di Achille De Tommaso - 06/03/2017 16:12:48


Corpo, sesso, etnia, sono solo “Rumori di fondo”


 “Non c’è nulla interamente in nostro potere, se non i nostri pensieri”. (Cartesio)

Con il termine FILOSOFIA ANTROPO-DIGITALE intendo includere la vasta gamma di sub-culture che si sono sviluppate intorno al computer oggigiorno. Essa include ricercatori in settori “tradizionali”, come l'intelligenza artificiale e la cibernetica; e vi sono inclusi i teorici della cultura del computer, come Sherry Turkle e Mark poster, gli hacker, ma anche i divulgatori, che vendono sogni e utopie tecnologiche; gli scrittori di fantascienza come William Gibson e Bruce Sterling; futuristi, come Alvin Toffler e Kevin Kelly; riviste come Wired.
Ognuno di essi considera il computer e il cyberspazio, nel futuro (e anche nel presente), non solo centrali alla natura umana; ma addirittura fusi con essa: per molti di costoro “saranno la natura umana”.
Vi fornisco una panoramica di questo pensiero, per alcuni lati inquietante; ma sicuramente affascinante. E, magari, vero.

***
Che i computer siano oggi profondamente implicati nei nostri pensieri, oltre che nel vivere di tutti i giorni,  è chiaro. Meno chiaro è come i computer possano avere un ruolo determinante nella concezione contemporanea e futura della natura umana.
David Bolteraccademico USA, insegnante di cultura dei media, sostiene che il computer sia una tecnologia che definisce un paradigma per la comprensione della cultura, e delle nostre esperienze sulla natura che ci circonda. In pratica: una tecnologia che definisce o ridefinisce il ruolo dell'uomo in relazione alla natura.  Partendo dalla promessa (o minaccia), egli dice, di poter sostituire l'uomo, il computer ci sta dando invece una nuova definizione, per assimilazione, di uomo: come un 'elaboratore di dati,' e, della natura, come 'informazioni da elaborato '.
Come un dispositivo meccanico che è apparentemente in grado di pensare, il computer infatti sfida assunti di base su ciò che significa essere umani. Il computer solleva domande, e fornisce risposte, su dove ci troviamo in natura e dove ci troviamo nel mondo dei manufatti prodotti dall’uomo. Noi stessi, sempre, abbiamo cercato legami tra ciò che siamo e ciò che abbiamo fatto (es. il nostro cv), tra ciò che siamo e ciò che potremmo creare (es. i nostri progetti) , tra ciò che siamo e ciò che, attraverso la nostra intimità con le nostre creazioni, potremmo diventare (le nostre prospettive di carriera, di vita). Il computer, e i servizi di rete, fanno questo per noi, quotidianamente. Che noi siamo volenti o nolenti.
Il socio-tecnologo Langdon Winner sostiene addirittura che le scelte che facciamo sulla tecnologia informatica coinvolgono intimamente domande su "chi siamo”. "Il futuro del computer è il futuro delle relazioni umane; anzi, il computer e l’essere umano in sé, sono oggi accuratamente intrecciati.
Al di là di semplicemente influenzare, come dovremmo pensare, la natura umana, la linea che separa gli esseri umani dai computer è diventata quindi sempre più sfocata. Siamo sempre più circondati da computer e apparati a microprocessori che si occupano di molti aspetti dei rituali quotidiani della vita (telefoni, navigatori, sistemi domestici e musicali) .  Anche nel discorso ordinario siamo abituati a fare riferimento al mondo digitale, al modo in cui abbiamo bisogno, ad esempio, di “riprogrammare noi stessi”. La crescente integrazione del computer nella nostra vita ha portato molti a sostenere che i confini che separano gli esseri umani dalle macchine andranno quindi scomparendo.  Mark Poster (accademico californiano esperto di media e comunicazione) suggerisce addirittura che una "fusione simbiotica” tra uomo e macchina potrebbe letteralmente essere in corso, una fusione che minaccia la stabilità del nostro senso del confine del corpo umano nel mondo. Ciò che può accadere è che gli esseri umani creeranno computer e poi i computer creeranno una nuova specie di esseri umani.
E’chiaro, quindi, come il computer sia profondamente implicato nel nostro pensiero sulla natura umana.  
NOI SIAMO LA NOSTRA MENTE
La cosa importante, però, è che questi temi suggeriscono, come vedremo poi,  che la visione  della natura umana nella cultura digitale rappresenti essenzialmente un punto di vista tradizionale cartesiano, a lungo rifiutato da filosofi e criticato dagli antropologi: cioè NOI SIAMO LA NOSTRA MENTE, e basta! Nella cultura digitale, la nostra caratteristica essenziale è infatti la mente. Il nostro corpo, il nostro sesso, razza, età ed etnia sono inessenziali alla definizione di chi siamo veramente nel cyberspazio. Chi siamo può essere cambiato facilmente con la semplice riscrittura di poche righe di testo.  
Noi siamo la nostra mente. Nel cyberspazio noi esistiamo in uno stato puramente disincarnato; siamo informazioni, modelli di parole e idee. Come osserva John Perry Barlow (artista e difensore delle “libertà digitali”), nel mondo silenzioso del cyberspazio , tutte le conversazioni vengono digitate, non parlate. Per accedervi, si abbandona il corpo; e il luogo diventa un luogo di sole parole. Barlow descrive il cyberspazio come la nuova sede della mente, un luogo in cui la stanca carne non viene accolta.  
Elizabeth Reid (attivista per i diritti femminili) afferma che nel mondo della conversazione mediata dal computer (CMC) il corpo diventa una entità di poco significato; liberato dall’entità fisica, entra completamente nel regno del simbolo, senza i limiti dei mezzi fisici. Howard Rheingold (sociologo specializzato nei nuovi media)  sostiene che nel cyberspazio le persone sono trattate come pensatori e “trasmettitori di idee“.
Questo futuro digitale dell'umanità è la visione centrale di Hans Moravec , esperto di Intelligenza artificiale. Moravec immagina un futuro in cui sia  possibile liberare la mente dal suo substrato biologico, e trapiantato, strato per strato, in un computer.  Moravec suggerisce che l'identità di una persona potrebbe essere conservata in tale processo;  poiché l'essenza di una persona, la sua auto-identità, sono modelli di  processi che possono essere salvati.  
QUINDI IL CORPO È OBSOLETO, E’ RUMORE DI FONDO.
In questo avanzato concetto di cultura digitale, il corpo è obsoleto, limitato, e deve essere trasceso. Il corpo è semplice rumore di fondo dell’essenza umana. Sempre secondo Sherry Turkle  (socio-tecnologa al MIT) il corpo è pensato per essere una fonte di fallimento, disgusto, limitazione che deve essere superata per diventare pura mente.
“Neuromante” , il libro capolavoro di William Gibson, edito nel 1984,  si dice abbia anticipato il XXI secolo; in esso i cowboy del cyberspazio vivono con esultanza incorporea. Ciò perchè il corpo,  pensato essere mera carne, è tenuto in disprezzo perchè interferisce con la capacità di rimanere liberi nel cyberspazio per lunghi periodi di tempo. Il corpo è considerato una prigione cui si può sfuggire solo quando la coscienza disincarnata vaga per le regioni eteree dello spazio elettronico: la perfezione umana può essere trovata solo nel guadagnare la libertà dal corpo. E non è possibile, a questo punto, non citare le opere figurative dell’artista  Stelarc; che cercano di estendere le capacità del corpo umano; egli dice, "E 'il momento di chiedersi se un corpo bipede, con respirazione a ossigeno, con visione binoculare e un centro di controllo (il cervello) della capacità di 1.400 cc, sia una forma biologica adeguata. Non si può far fronte, con esso, in maniera adeguata, alla quantità, complessità, e qualità delle informazioni che oggi sono da accumulare e che l’Uomo ha già accumulato". Stelarc immagina un futuro in cui la tecnologia "invade" il corpo, dandoci la libertà di trascendere i limiti del nostro DNA.
VENGONO ABOLITE DIFFERENZE SOCIALI E FISICHE
Il concetto di “vive la difference”, è quindi eliminato.  In questo futuro mondo del cyberspazio, dove la vita è digitale e siamo tutti solo informazioni; il sesso (ma anche  la razza e le etnie) sono inessenziali. L’Informazione è libera dal genere; non ha razza, e non viene distribuita  con un accento che faccia capire se sei del sud o del nord. Le discussioni intraprese su Internet rafforzano la convinzione che ciò che conta è la mente, le idee, le parole, non è la persona a cui appartengono.
Il neuroscienziato di Cambridge, John Coates si esprime così: "Il grande fattore di equalizzazione e di uguaglianza  è dato dal fatto che in Internet  nessuno può apparire on-line in modo che possano essere sicuramente accertati  età, razza, carnagione, il colore dei capelli, la forma del corpo, il tono vocale, o una qualsiasi altra caratteristica fisica. Ciò che conta sono le idee. E va avanti nel concetto, affermando che "nel cyberspazio, età, razza, sesso,  rappresentano un “rumore” che interrompe il flusso delle informazioni pure. Per entrare veramente nel cyberspazio dobbiamo abbandonare le nostre specificità nella ricerca di una pura comunione di menti. La tecnologia di Internet è una tecnologia che ci permette di ignorare le differenze e concentrarsi sulle idee; tutti noi possiamo farlo”.
DIVENTIAMO PIU’ FLESSIBILI, PIU’ MALLEABILI
La malleabilità già intrinseca della natura umana e del “sé” umano può, col digitale, essere portata all’estremo. Nella famosa filosofia  degli Estropici, l’Estropianesimo, coniata nel 1998 da T.O. Morrow, siamo nell'età in cui finalmente si può fare tutto. Secondo il futurologo Max More, improvvisamente la tecnologia ci ha dato poteri con i quali siamo in grado di manipolare non solo la realtà esterna, il mondo fisico; ma anche  noi stessi. Possiamo diventare qualsiasi cosa vogliamo essere. All'interno della cultura informatica, l'essere umano diventa un plug and play di varie possibili entità; composto di varie parti che possono essere aggiornate con un semplice click di un mouse o l'inserimento di una nuova linea di codice. Eric Gullichsen, esperto di cyberpazio, vede in ciò la promessa finale della realtà virtuale. Egli scrive: "Potremo condurre la nostra vita e i nostri affari nel cyberspazio; con le nostre idee non più condizionate da un corpo unico e immutabile. Il corpo potrà essere flessibile, malleabile. Troveremo che alcuni organi funzionano meglio in alcune situazioni, mentre altri funzionano meglio in altre; a nostro piacimento. Questa  capacità di cambiare radicalmente e in modo convincente il proprio corpo-immagine è destinata ad avere un effetto psicologico profondo, chiamando in causa solo ciò che noi desideriamo essere; e nient’altro " (cit. in Rheingold, Realtà virtuale). Gullichsen immagina addirittura un futuro in cui la nostra ricerca di nuove identità diventerà parte integrante della nostra vita.
LA RETE DIVENTA LA NOSTRA CASA, POTREMO DI NUOVO GOVERNARE IL MONDO
La Rete diventa la nostra casa. La cultura digitale crea per l'essere umano un senso di casa, un cosmo in cui sperimentare e magari controllare la vita. Il computer ci offre un mondo di ordine e di logica; infatti il computer costruisce per noi un mondo che ha a che fare  solo con la ragione. Il computer è un meccanismo formale che funziona secondo i principi della logica e crea un mondo i cui  elementi costitutivi sono gli algoritmi logici dei programmi. Turkle, la socio-tecnologa, sostiene che al cuore della cultura informatica è l'idea di costruzione di mondi governati da regole;  micro-mondi che sono completamente decifrabili in termini di programmi. Dove il mondo reale è caotico e difficile da comprendere, il computer ci offre invece  l'immagine di un mondo di ordine, con logica, con ragione e con trasparenza. Mentre abbiamo perso, spesso, in questo mondo reale, la nostra bussola,  il computer ci offre un sostituto pronto: le incontaminate e ordinate file del diagramma di flusso, che diventa la nuova immagine di una natura ordinata e calcolabile. Diagrammi di flusso, programmi e microchip faranno  parte della nuova cosmologia. Per i senzatetto di questo mondo, reale,  fragile, le  immagini del web che attraversa il globo, di Internet che circonda il mondo, saranno confortanti sul piano metafisico. Ci assicureranno  che,  anche noi, possiamo, ancora una volta, dominare il mondo e tenerlo nelle nostre mani.  
SIMIL PENSIERO DEL  17mo SECOLO
Questi temi ricorrenti in questa nuova filosofia del digitale, rivelano che l'immagine dominante della natura umana nel 21 ° secolo è molto simile all'immagine della natura umana del 17 ° secolo. Nella sua valorizzazione della mente sul corpo, nelle sue aspirazioni per uno stato trascendente della mente pura, liberata dalla prigione della carne; la sua denigrazione di sesso, razza ed etnia come proprietà accidentali, e il suo desiderio di una natura incontaminata, con un universo ordinato matematicamente; questa visione della natura umana ha una somiglianza impressionante con la natura umana nel pensiero tradizionale cartesiano e cristiano. Ironia della sorte, mentre la maggior parte dei movimenti filosofici di questo secolo sono stati dedicati a sradicare le vestigia del pensiero cartesiano, ciò che troviamo nel cuore della cultura informatica è una forma contemporanea di cartesianesimo.
I LIMITI DI QUESTA VISIONE DELLA NATURA UMANA SONO TUTTAVIA OVVI.
Non credo che la visione della natura umana si trovi completamente nella cultura del computer; che suggerisce che i nostri corpi, il nostro genere, la nostra razza, e innumerevoli altri fattori siano irrilevanti. In questa teoria si concepisce il corpo come prigioniero, come una limitazione, influenzato dalla malattia e dal fallimento. In questa cultura si sottolinea la nostra natura razionale, ignorando però  molto di quello che abbiamo come esseri umani oltre alla mente. Il significato della nostra costituzione biologica, il fatto importante dato dal nostro ambiente sociale e culturale,  sono aspetti della natura umana oscurati in questa  cultura del computer. Mentre riflettiamo sul tema della filosofia, che è anche quello di educare l'umanità, credo dobbiamo convincerci  che i filosofi abbiano la responsabilità di concentrare la loro attenzione e le loro capacità critiche sulla questione della natura umana odierna; in toto.
Devo quindi dire che, nel vuoto apparente lasciato dal loro rifiuto di prendere in considerazione questo problema, la tecnologia ha filosoficamente screditato la natura umana totale, a favore di quella semplicemente digitale.
Un rinnovamento di antropologia filosofica e le questioni antropologiche connesse, sono probabilmente oggi necessarie.
Una nuova riflessione su : "Che cosa sono io che sono un essere umano?" e "Qual è il mio posto nella natura delle cose?", è oggi, alla fine del XX secolo, e all'apertura di un nuovo millennio, sicuramente digitale, più necessaria che mai.
Concludo con le belle parole di una canzone di Antonacci:
Non bastano le parole
Quelle volano
Ci vogliono i sorrisi e ci vogliono gli abbracci
Ci vogliono i gesti e ci vuole la complicità
E poi ci vuole la presenza
Ci vuole tutto quello che non vola
Ci vuole tutto quello che resta di noi

Sperando che i neo-filosofi siano d’accordo…

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