lunedì 1 giugno 2020

La fantascienza è il realismo del nostro tempo. di Achille De Tommaso 27-5-2020

Ciò che sembrava non plausibile è diventato pensabile e poi reale. La primavera del 2020 suggerisce quanto e quanto velocemente possiamo cambiare come civiltà.

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Ci accorgiamo che è uno shock il rendersi conto che sopravvengano degli accadimenti inimmaginabili, che pensavamo non plausibili; e che neanche la fantascienza più sfrenata poteva immaginare. In fondo il Coronavirus ha tutti i connotati per essere fantascienza (e qualche romanzo su di esso è stato fatto): questo virus vuole fare un eccidio di massa generato da un agente che è alieno: inaspettato, sconosciuto e incontrollabile. Magari rilasciato da un laboratorio segreto, o da onde elettromagnetiche di telefonia mobile. Ha tutto il fascino di accadimenti standard della fantascienza, che potrebbero farci morire tutti, in massa, e non per colpa nostra.
Ovviamente di questi disastri ce ne potrebbero essere di più sofisticati dal punto di vista fantascientifico. Immaginate, per esempio, un'ondata di calore, o di gelo, abbastanza calda, o fredda, da uccidere chiunque non si trovi in ​​uno spazio climatizzato; e poi immaginate che si verifichino interruzioni di corrente durante tali ondate. Troppo irreale e non plausibile? Vi siete dimenticati degli assalti ai supermercati per la paura di morire di fame? Prima del Covid si parlava di siccità e carenze idriche; è molto probabile che ve ne saranno sempre di più, e che porteranno a carenza di cibo e ad interruzioni di elettricità; e poi tempeste devastanti, inondazioni, terremoti, cavallette. Accenno solo di sfuggita a meteoriti; ma un paio ci hanno appena sfiorato. Alcuni shock saranno locali, altri regionali, ma molti saranno globali; perché, come dimostra questa crisi, siamo interconnessi non solo come biosfera; ma anche come civiltà. E, non vi accorgete che queste ultime cose, oggi, quindi, non sono fantasia; ma che potevano essere fantascienza trent’anni fa?
Allegri! Quando altri shock, reali, colpiranno la civiltà globale, ricorderemo come ci siamo comportati questa volta e come le nostre azioni abbiano, o meno, funzionato. Non è che il coronavirus sia una prova generale, purtroppo, è troppo mortale per essere solo una prova generale; ma è la prima di molte calamità che probabilmente si svilupperanno durante questo secolo. Quando verranno, avremo più familiarità (forse) su come gestirle.

La fantascienza è diventata all’improvviso il realismo del nostro tempo. E’ il senso che ora siamo tutti bloccati in un romanzo di fantascienza, che stiamo scrivendo insieme.
Gli scrittori di fantascienza non sanno nulla di più sul futuro di chiunque altro. La storia umana è troppo imprevedibile: da questo momento, potremmo entrare in un evento di estinzione di massa oppure in un'era di prosperità generale; chi può saperlo? Tuttavia, se sei abituato a leggere fantascienza, potresti essere un po' meno sorpreso.  Spesso, la fantascienza traccia le conseguenze di un singolo cambiamento; i lettori giudicano la plausibilità e l'ingegnosità degli scrittori, interrogando le loro teorie; anche quelle pseudo-scientifiche. Fare questo ripetutamente può forse essere una specie di allenamento.  
Siamo diventati tutti “globali”?
Ma, quando gli scrittori di fantascienza scrivevano di civiltà globale futura, veramente pensate che sapessero ben immaginare il futuro? Ho sentito qualcuno pontificare che ci siamo adattati, per merito del Covid, a comportarci come si fa in una civiltà globale. Infatti stiamo provando, tutti, in tutti gli Stati, ad “appiattire la curva”, per evitare la morte di massa. Sappiamo che viviamo in un momento di importanza storica; e ci rendiamo conto che ciò che facciamo ora, bene o male, verrà ricordato in seguito, a livello globale; e quindi pensiamo di essere, felicemente, “globali”.
Ma c’entra il “globale” o il “sociale”?
In realtà, secondo me, siamo individui, ma esistiamo in un corpo sociale fatto a “matrioska”; tanti corpi sociali, uno dentro l’altro. La società è fondamentale; non possiamo vivere senza di essa. Anche come individuo, sei un bioma, un ecosistema, molto simile a una foresta o una palude o una barriera corallina. Siamo però società fatte di società; non ci sono altro che società. Questa è una notizia che richiede una visione del mondo completamente nuova; che travalica la globalità. Cosa ci manca infatti di più in questa quarantena? Ci manca l’abbraccio con i cari, la stretta di mano, la cena e gli aperitivi con gli amici, la messa in chiesa, le feste di matrimonio; e magari i funerali. Mica ci manca il viaggio in Tailandia per assaggiare la cucina locale!
All’improvviso ci rendiamo conto che andare a vivere in una stupenda isola tropicale, da soli, non fa per noi. Prendere un aperitivo da soli è peggio della morte e non plausibile; neanche lo scrittore fantascientifico più scemo poteva immaginarlo. E noi ci siamo dentro.
Ci fidiamo o no della scienza, che ha tracciato la guida al nostro futuro?
Scienziati e fantascienziati parlano diffusamente di Antropocene: l’era della Grande Accelerazione, l'era dei cambiamenti climatici, dell’intelligenza artificiale, della robotica che sostituirà gli umani, dell’IoT, del 4.0, del 5G, del 6G. E comunque, dobbiamo davvero continuare a fidarci di chi appare parlare di cose scientifiche in maniera autorevole? Forse dovremmo maledirli.
Eh sì; perché ci sono 7,8 miliardi di persone vive su questo pianeta: un risultato sociale e tecnologico stupendo; ma sappiamo benissimo che è instabile; perché contro natura. È stato infatti reso possibile dalla scienza, che ci ha già salvato e ci ha prolungato la vita. Ora, tuttavia, quando si verifica un disastro, ci destiamo alla realtà che l'intero sistema appaia essere un'improvvisazione tecnica, che la stessa scienza cerca in tutti i modi di evitare che crolli. E tutti lì a sperare che il castello di carta non crolli.
E gli scienziati appaiono messi lì per improvvisare: arriva questa malattia che può uccidere chiunque sul pianeta; è invisibile; si diffonde a causa del modo in cui ci muoviamo e ci riuniamo. Immediatamente, cambiamo: guardiamo le statistiche, seguendo le raccomandazioni, discutendo dottamente di R0 e RT, e ascoltando gli scienziati. Crediamo nella scienza? Stiamo forse imparando a fidarci della scienza? No! E’ buffo vedere come oggi gli scienziati siano giornalmente in disaccordo tra di loro, e mai come oggi noi siamo costretti a fidarci. Non ditemi che una fantascienza seria avrebbe mai potuto immaginare plausibili queste situazioni.
“Memento mori”: ok, lo so! Ma non ora!
E poi: i fantascienziati ci hanno abituati a disastri che estinguono gli umani in un sol botto; non con un panico permanente. “Ricorda che devi morire”: le persone anziane sono più brave a tenerlo presente rispetto ai giovani. Tuttavia, siamo tutti inclini a dimenticare la morte. Non sembra mai del tutto reale fino alla fine, e anche allora è difficile da credere. La realtà della morte è una cosa che conosciamo ma che non sentiamo. Quindi questa epidemia porta con sé un senso di panico continuo: sappiamo tutti, benissimo, che moriremo prima o poi; ma che possa essere questo mese, o addirittura, ora, è diverso! Avere, poi, questa sensazione nella vita quotidiana ordinaria, protrarsi per settimane; è troppo! E' come una sensazione di peste a piede libero.
Soldi o vite? Una brutta storia di fantascienza.
In questo momento stiamo ascoltando due dichiarazioni. Una, dai governi: Apriamo le città anche con dei rischi; dobbiamo infatti lavorare per stare attenti al denaro, anche se costa vite. L'altra, dai centri per il controllo delle malattie e organizzazioni simili: dobbiamo salvare delle vite anche se costa denaro. Cos’è più importante, il denaro o le vite? E la gente, inaspettatamente, è incerta; anche se, in questo momento, perseguire il profitto come obiettivo finale di tutte le nostre attività, potrebbe portare a un evento di estinzione di massa. E quale fantascienziato scemo avrebbe mai fatto preferire agli umani i soldi invece che la vita? I briganti non minacciavano forse “o la borsa, o la vita”, sapendo già la risposta?
L'umanità oggi potrebbe sopravvivere, ma traumatizzata, interrotta, arrabbiata, vergognosa, triste; trovandosi diversa. Una storia di fantascienza troppo dolorosa da scrivere, forse perché troppo ovvia. E non vogliamo scriverla. La struttura neoliberista del sentimento vacilla. Cosa potrebbe includere il fantascienziato per dare una risposta post-capitalista a questa crisi? Forse aiuti di stato a pioggia, oppure una cassa integrazione erogata in maniera istantanea; oppure i 500 miliardi dall’Europa; magari l’aiuto di disoccupazione per tutti senza formulari complessi; assunzioni governative per la fabbricazione delle attrezzature sanitarie necessarie; la rapida costruzione di ospedali e di carceri.
Potrebbe includere queste cose, ma potrebbe non farlo. Sicuramente potrebbe includere un'enorme pressione economica, accompagnata da una ancora più forte pressione psicologica, sociale, politica. E poi una rinascita. Un “day after” che ci farà dimenticare tutto; felici, mentre scorrono i titoli di coda e tutti vanno via soddisfatti del lieto fine.
Eppure qualcosa ci dice che le pressioni saranno troppo forti per farci dimenticare questa primavera e tornare ai vecchi modi di vivere la vita. E comunque dimenticare qualcosa di così grande non funzionerà. La ricorderemo anche se fingeremo di non farlo. La storia sta accadendo ora; e rimarrà scritta.
Il panettiere eroe
Vi spiego il bicchiere mezzo pieno del fantascienziato di oggi: i “Valori”: Cibo, Acqua, Ricovero, Abbigliamento, Educazione, Assistenza Sanitaria, Scuola, Carceri; forse d’ora in poi apprezzeremo di più queste cose, insieme alle persone il cui lavoro le crea e le gestisce. Sarà forse difficile rendere questi valori durevoli. Valorizzare le cose giuste e voler continuare a valorizzarle, forse farà parte della nostra nuova struttura di sentimenti. È come suonare una campana per ricominciare una partita. Tutti in piedi per il secondo tempo; anche se non riusciamo a vedere il campo.
Ma c’è qualcosa che nessun fantascienziato serio poteva prevedere. Alcune persone non possono rimanere isolate, e fanno ancora il loro lavoro; perché devono farlo. Se il loro lavoro era ed è importante, devono esporsi quotidianamente alla malattia. Ci siamo accorti che chi lavora in un negozio di alimentari è stato ed è uno dei lavoratori in prima linea che mantengono in funzione la civiltà. Sono eroi. Ovviamente lo sono anche medici e infermieri; ma chi avrebbe mai detto che oggi avremmo considerato eroe il panettiere all’angolo? Neanche il fantascienziato più scemo.

PUBBLICATO ORIGINALMENTE SU
"NEL FUTURO"  
www.nelfuturo.com

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