Sicuramente la parte più dolorosa del coronavirus è di rischiare di morire senza il conforto dei propri cari. Da soli, senza poter avere le mani strette da loro. E coscienti di ciò. L’essere coscienti di questo tipo di morte è terribile. Non c’è cosa peggiore.O no? C’è di peggio?
La nostra comprensione di cosa significhi essere umani dipende dalla comprensione di cosa sia la coscienza e, forse più di ogni altra cosa, dalla comprensione di ciò che significhi “poter avere accesso ad essa”; ma sicuramente aborriamo il concetto di “entrare in controllo della coscienza di qualcuno”.
E cosa potrebbe succedere, invece, se una particella microscopica entrasse nel corpo, prendesse la mente e rosicchiasse via la nostra coscienza? Rosicchiasse via ciò che ci rende umani?
Ebbene, c’è di peggio del coronavirus: è un virus che ha modellato la nostra storia degli orrori, dalle storie delle Sacre Crociate alla costruzione delle mitologie moderne degli zombi e dei vampiri (1). Anzi ha proprio contribuito a creare queste storie.
È il virus della rabbia, il virus più fatale al mondo: un agente patogeno che uccide quasi il 100% dei suoi ospiti nella maggior parte delle specie, compresi gli esseri umani.
Tremendo anche nel suo apparire iconografico: il virus della rabbia ha la forma di un proiettile; un guscio cilindrico di glicoproteine e lipidi, che trasporta, nella sua punta arrotondata, un carico malevolo di RNA elicoidale.
Al suo confronto l’immagine del coronavirus è una “Venere del Botticelli”.
Entrando in un essere vivente, evita il flusso sanguigno, che è la via preferita di quasi tutti i virus, ma che è anche un percorso pesantemente sorvegliato da sentinelle immuno-protettive. Invece, come quasi nessun altro virus noto alla scienza, la rabbia fa il suo corso attraverso il sistema nervoso, strisciando di uno o due centimetri al giorno (in media) attraverso l'assoplasma (2): le linee di trasmissione che conducono impulsi elettrici da e verso il cervello.
Una volta all'interno del cervello, il virus agisce lentamente, diligentemente, fatalmente, per deformare la mente, sopprimendo il razionale e stimolando l'animale. L'aggressività aumenta fino al picco della febbre; le inibizioni si sciolgono; aumenta la salivazione. La creatura infettata ha solo pochi giorni per vivere, e questi probabilmente li trascorrerà in attacco, aggredendo, schiumando dalla bocca, inseguendo e mordendo chiunque gli si pari addosso; in preda alla follia. Perché il demone che lo possiede cerca più ospiti.
Se sembra un film horror, non dovremmo essere sorpresi, perché è uno scenario legato al nostro stesso concetto di horror. La rabbia è infatti un flagello antico quanto la civiltà umana e il terrore della sua manifestazione è una paura umana fondamentale, perché sfida i confini dell'umanità stessa. Cioè, disturba la linea in cui l'uomo finisce e inizia l'animale.
Tale è la paura paralizzante della rabbia, infatti, che quando Louis Pasteur stava sviluppando il vaccino per combattere la minaccia, e dovette estrarre il virus dalle fauci di cani infetti che ringhiavano follemente, aveva pronta una pistola. Lui e i suoi due collaboratori la tenevano pronta carica: non solo per il cane, ma per qualsiasi ricercatore che fosse stato morso e infetto. Mary Cressac, nipote della collaboratrice di Pasteur Emile Roux, ricorda: “All'inizio di ogni sessione, un revolver caricato veniva messo alla loro portata. Se fosse accaduto un terribile incidente a uno di loro, il più coraggioso degli altri due gli avrebbe dovuto sparare un proiettile in testa.
Eppure, più di due secoli dopo che Pasteur ha aperto la strada al vaccino contro la rabbia, ogni anno 55.000 persone muoiono ancora di rabbia in tutto il mondo.
Curiosamente, il più grande rischio di rabbia per l'uomo nel mondo sviluppato oggi deriva dai pipistrelli, che possono morderti nel sonno senza svegliarti. Una volta che il virus è progredito, i due sintomi più comuni nell'uomo sono l'idrofobia: una mortale, irrazionale paura dell'acqua e l'ipersessualità, che fa sì che alcuni pazienti sperimentino orgasmi involontari.
E per questo è un virus antico, arcaico: fissato ancora sul fatto che il suo ospite se ne vada normalmente in giro a mordere e ad accoppiarsi. E magari a preferire il vino invece dell’acqua. Non come il moderno coronavirus; che mira a distruggere in pochi mesi le economie; uccidendo soprattutto persone anziane, scaricando così il problema della Previdenza Sociale.
Rabid (Rabies Desease) offre una cronaca illuminante, terrificante, di questo piccolo gruppo di proteine e geni che ha il potere di sfidare e, in definitiva, alterare la nostra stessa concezione di cosa significhi essere umani; facendoci regredire a bestie.
Forse c’è un messaggio antropologico in questo; ma non lo conosciamo ancora e io non mi azzardo neanche lontanamente a formularlo. Per ora ci serve forse (spero) a rincuorarci.
Un po’ come “chiodo schiaccia chiodo”….
- “A History of the Most Most Diabolical Virus” – https://www.amazon.it/Rabid-Cultural-History-Worlds-Diabolical/dp/0143123572
- https://it.wikipedia.org/wiki/Assoplasma
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