lunedì 1 giugno 2020

Tattiche di "guerra" contro il Coronavirus: di Achille De Tommaso 20-3-2020

Dopo due mesi di attesa dicendo che era “poco più di una semplice influenza”, e mentre l'allarme per la malattia da coronavirus 2019 (COVID-19) suonava sempre più forte, molti paesi hanno improvvisamente messo in atto misure per rallentarne la diffusione. Ma come combattere questa guerra non solo è ancora in discussione; ma è fatto in maniera disordinata e disomogenea a livello mondiale ed europeo. Il che va contro il concetto di “guerra contro una pandemia”.

Eppure c’è una chiara somiglianza degli andamenti del contagio nei diversi paesi; come è anche noto ciò che hanno fatto quei paesi che l’hanno saputa combattere bene:
Le misure introdotte in fretta variano ampiamente tra i paesi e persino all'interno dei paesi. Il governo degli Stati Uniti, ad esempio, sconsiglia raduni di oltre 10 persone, ma San Francisco ha ordinato a tutti di rimanere a casa. Italia, Francia e Spagna hanno messo le loro popolazioni, “quasi” al completo, in “quasi” quarantena, con la polizia o i militari, o i vigili, che pattugliano le strade. Ma i pub e le scuole nel Regno Unito sono rimaste aperte. La Germania, come molti paesi, ha chiuso le sue scuole, ma rimangono aperte per i bambini più piccoli in Svezia.
Questo che appare un patchwork disordinato di misure, si potrebbe obbiettare che rifletta in realtà le diverse fasi dell'epidemia, nonché le differenze di risorse, culture, governi e leggi. Ma c'è anche confusione su ciò che funziona meglio e su come bilanciare ciò che è necessario con ciò che è ragionevole, specialmente per un periodo prolungato. La Corea del Sud, Hong Kong e Singapore sembrano tenere lezioni importanti, avendo invertito le loro epidemie senza le tattiche autoritarie utilizzate dalla Cina. Tuttavia alcune delle strategie adottate in quei paesi mancano altrove; come test diffusi per rintracciare i casi di infezione e i loro contatti. In Italia, ad esempio, si è dichiarato che si faranno test solo sui sintomatici.
Distanziamento sociale
Non ci sono dubbi sul fatto che il distanziamento sociale possa ridurre notevolmente la trasmissione del virus. Molti hanno iniziato vietando riunioni di oltre 1000 persone (stadi ed eventi), ma successivamente ridotto tale numero. Alcuni hanno chiuso quindi teatri, cinema, ristoranti e palestre, nonché tutti i luoghi di culto. La Germania ha chiuso la maggior parte dei negozi non essenziali ma ha prolungato le ore per i supermercati, per ridurre il numero di acquirenti contemporanei. In alcuni paesi, i negozi riservano le prime ore del giorno ai clienti più anziani ad alto rischio di malattie gravi.
La chiusura delle scuole ha rimandato a casa oltre mezzo miliardo di bambini, secondo l'UNESCO. Ma se questo abbia senso è anche in discussione: COVID-19 raramente fa ammalare i bambini e non è chiaro quanto spesso sviluppino infezioni asintomatiche e trasmettano il virus. Le chiusure scolastiche possono avere l'ulteriore vantaggio di costringere più genitori a rimanere a casa. D'altra parte, però, alcuni bambini potrebbero finire per essere curati da nonni anziani e le chiusure potrebbero costringere gli operatori sanitari gravemente necessari a rimanere a casa. Ecco perché alcuni esperti di sanità pubblica affermano che le misure dovrebbero essere flessibili. Austria e Paesi Bassi hanno lasciato a casa la maggior parte degli studenti, ma le scuole rimangono aperte per i bambini di coloro che lavorano in settori vitali. Singapore ha dimezzato le dimensioni delle classi.
Diversi paesi hanno ora fatto ricorso a misure estreme: costringere quasi tutta la popolazione a rimanere a casa. La Cina ha fatto questo a fine gennaio, quando ha registrato oltre 50 milioni di persone infette nella provincia di Hubei. Alcuni esperti hanno sostenuto che i paesi occidentali non potrebbero mai applicare tali misure draconiane - che limitano i diritti umani e paralizzano le economie - ma l'Italia, scioccata dalla tensione sul sistema sanitario nel nord del paese, ha seguito “quasi” l'esempio; ma solo il 9 marzo. In Francia, il 17 marzo 100.000 agenti di polizia hanno iniziato a pattugliare le strade per assicurarsi che le persone rimanessero all'interno tranne che per i viaggi essenziali.
Test e isolamento
Altri paesi hanno respinto il virus senza tali misure drastiche. Un esempio è la Corea del Sud, che ha visto le infezioni confermate scendere da 909 casi il 29 febbraio a soli 74 all'inizio di questa settimana. La chiave del successo è stata un programma di test-tampone ampio e ben organizzato, combinato con ampi sforzi per isolare le persone infette e rintracciare e mettere in quarantena i loro contatti. Entro il 16 marzo, la Corea del Sud aveva testato più di 270.000 persone, usando anche una rete di dozzine di stazioni di test drive-in, una strategia seguita anche altrove, che facilita l'accesso ai test e impedisce alle persone infette di esporre gli altri nelle sale di attesa.
Ma gli Stati Uniti, afflitti da un sistema eccessivamente burocratico e problemi con i suoi kit di test, hanno avuto un avvio lento. Al 16 marzo avevano effettuato solo 74 test per milione di abitanti, rispetto ai 5200 test per milione in Corea del Sud. Solo questa settimana gli Stati Uniti hanno iniziato a eseguire test su larga scala. In Europa, la Germania è in prima fila, con oltre 100.000 test elaborati a settimana, afferma Christian Drosten, un virologo dell'ospedale universitario Charité di Berlino, che ha sviluppato il programma di test.
Immunità di Gregge
Alcuni paesi stanno pensando di consentire alla popolazione di accumulare “immunità di gregge”, rinunciando a un blocco completo e permettendo che si verifichino le infezioni, preferibilmente in gruppi a basso rischio come bambini o giovani adulti. Questa è la strategia annunciata dal primo ministro olandese Mark Rutte in un discorso televisivo il 16 marzo. “Adottando questo approccio, in cui la maggior parte delle persone sperimenterà solo sintomi minori, possiamo creare immunità e garantire che il nostro sistema sanitario sia in grado di far fronte alle emergenze”, ha affermato Rutte.
Il Regno Unito sembra anch’ esso su questa strada; anche se uno studio di modellistica condotto da ricercatori dell’Imperial College di Londra, pubblicato online il 16 marzo, suggeriva uno schema in cui delle “misure draconiane” potevano essere imposte e allentate di tanto in tanto – una sorta di “vacanza” collettiva: tolte e reintrodotte quando i numeri dei casi ricominciano a salire. In quello scenario, la popolazione avrebbe ancora accumulato immunità al virus, ma attraverso una serie di piccoli focolai invece di uno massiccio.
Ma l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che fa?
“Nessun singolo passo sarà sufficiente” ha affermato il direttore generale dell'OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus in una recente conferenza stampa il 16 marzo. “Non basta fare solamente i test. Non basta cercare solo la traccia dei possibili infettati. Non basta mettere solo in quarantena. Non basta imporre solo le distanze sociali. Bisogna fare tutto”.
Tedros, poi, ripete il suo mantra "test, test, test, test" quasi ogni giorno. I paesi "non possono combattere questa pandemia bendati", ha detto nella conferenza stampa. "Bisogna sapere dove sono i casi e andarli a cercare! "
Va bene! Ma che fa oltre a fare conferenze stampa?
L'Organizzazione mondiale della sanità, agenzia speciale dell'ONU per la salute, ha come obbiettivo “il raggiungimento da parte di tutte le popolazioni del livello più alto possibile di salute, come condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non soltanto come assenza di malattia o di infermità. È membro del Gruppo per lo Sviluppo delle Nazioni Unite.
Ebbene, questa importante organizzazione ONU, manda forse delle direttive da essere eseguite? Raccomandando tempi e metodi in base ai valori statistici rilevati per ogni singola nazione? No, raccomanda di lavarsi le mani e mantenere distanza sociale. Se avete febbre e tosse, chiamate il medico (1).
Sta comunque “elaborando delle linee guida” (2).
  1. https://www.who.int/emergencies/diseases/novel-coronavirus-2019/advice-for-public
  2. https://www.who.int/emergencies/diseases/novel-coronavirus-2019/technical-guidance/country-readiness 

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