I docenti, come tutti i cittadini, hanno diritto di avere opinioni politiche; il problema, però, negli USA, pare nascere quando queste opinioni vengono “spinte” verso gli studenti. Ma soprattutto se queste opinioni tendono tutte, o per la maggior parte, verso un partito. In parole povere: la scarsità di docenti con opinioni repubblicane, in molte scuole superiori, fa male a tutti, secondo gli americani.
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Supponi di iniziare l'università, negli USA, con un vivo interesse per la fisica e di scoprire rapidamente che quasi tutti i docenti del dipartimento sono di sinistra; ad esempio democratici. Pensi che qualcosa non vada?
E supponi anche, che prima di scegliere fisica, tu ti sia informato sui docenti di musica, chimica, informatica, antropologia o sociologia delle varie università, e abbia riscontrato lo stesso fenomeno. Saresti sorpreso ?
Ecco, negli USA accade proprio questo; ma, mentre in altre nazioni che riscontrano lo stesso fenomeno, ci se ne cura poco; negli ultimi anni, invece è cresciuta la preoccupazione degli americani: essi vedono in questo atteggiamento educativo un pericoloso generatore di pregiudizio politico, e quindi sociale. E il rischio di non-progresso.
Nell’estate 2018, Mitchell Langbert, professore associato al Brooklyn College, ha pubblicato uno studio (1) sulle affiliazioni politiche dei membri delle varie facoltà in 51 delle 66 scuole classificate come quelle “più alte” da US News nel 2017. I risultati sono sbalorditivi. (anche se non generano grande sorpresa per molte persone nel mondo accademico USA e non-USA).
I democratici dominano la maggior parte dei campi. In religione, l'indagine di Langbert ha rilevato che il rapporto Democratici / Repubblicani è 70 a 1. In musica, è 33 a 1. In biologia, è 21 a 1. In filosofia, storia e psicologia, è 17 a 1. In scienze politiche, sono 8 a 1.
Il divario si riduce nelle scienze e nell'ingegneria. In fisica, economia e matematica, il rapporto è di circa 6 a 1. In chimica, è di 5 a 1, e in ingegneria è solo di 1,6 a 1. Tuttavia, Lambert non ha trovato campo in cui i repubblicani siano più numerosi dei democratici.
I rapporti variano notevolmente tra i college. Le facoltà di Wellesley, Williams e Swarthmore sono in gran parte democratiche, con rapporti pari o superiori a 120 a 1. Ad Harvey Mudd e Lafayette, i rapporti sono da 6 a 1. Alla US Naval Academy di Annapolis, sono 2,3 a 1; è solo 1,3 a 1 a West Point.
Ma nonostante la variabilità, nessuna delle 51 università aveva più repubblicani che democratici. Secondo il sondaggio, oltre un terzo di loro non aveva affatto repubblicani.
Questi numeri, e altri similari, sono preoccupanti per gli americani per due ragioni:
La prima è che questi dati possono implicare una potenziale discriminazione da parte dei vertici delle istituzioni educative. Alcuni dipartimenti potrebbero, infatti, non essere inclini ad assumere potenziali membri della facoltà a causa delle loro convinzioni politiche (e come sappiamo non è legale discriminare le assunzioni su base politica).
Tale discriminazione potrebbe assumere la forma di svalutazione, conscia o inconscia, di persone le cui opinioni non si adattano alla prospettiva dominante. Ad esempio, un giovane studioso di storia, che dipingesse il New Deal di Franklin Roosevelt sotto una brutta luce potrebbe non ricevere offerte di lavoro in facoltà. E le persone di talento potrebbero quindi non perseguire affatto carriere accademiche, perché si aspettano che i loro professori non apprezzino il loro lavoro.
Il secondo motivo è che gli studenti hanno meno probabilità di ottenere una buona istruzione perché imparano meno l'uno dall'altro, se c'è un'ortodossia politica prevalente. Studenti e docenti potrebbero finire in una specie di bozzolo informativo. Se un dipartimento di scienze politiche è composto da 24 democratici e 2 repubblicani, c’è motivo di dubitare che gli studenti saranno esposti a una gamma adeguata di opinioni.
È vero che in alcuni settori le affiliazioni o orientamenti politici pare contino meno. In chimica, matematica, fisica e ingegneria, gli studenti si ritiene che non debbano preoccuparsi delle affiliazioni di partito dei loro professori. Certo, è ipotizzabile che i professori di chimica democratici vogliano assumere colleghi democratici. Ma sarebbe un po’ sorprendente: con ogni probabilità cercano buoni professori che sappiano insegnare bene la chimica. In altre parole: in campi di questo tipo, appare che non vi sia motivo di preoccuparsi che l'omogeneità politica possa dissuadere gli studenti o compromettere lo scambio di idee. Se gli studenti stanno imparando la relatività ristretta o la fisica nucleare, le affiliazioni politiche non appaiono essere rilevanti.
I veri problemi sorgono quindi in materie “culturali”, come storia, scienze politiche, legge, filosofia e psicologia, dove la prospettiva politica del professore potrebbe fare la differenza. E se la presenza di accademici è distorta lungo linee ideologiche unitarie, c’è il pericolo che possano trasmettere tale distorsione (se distorsione c’è) ai loro discepoli. Il convincimento di questi docenti, potrebbe essere che coloro che hanno idee politiche conservatrici non sono destinati a servire bene nessuno.
I dati evidenziati rendono, quindi, inconfondibilmente chiari due punti che, a parere del ricercatore, dovrebbero essere perseguiti.
In primo luogo, coloro che insegnano nei dipartimenti privi di diversità ideologica dovrebbero avere comunque l'obbligo di offrire opinioni contrastanti alle loro, e di presentarle in modo equo e rispettoso. Un filosofo politico, ad esempio, che tende a sinistra, dovrebbe essere disposto e in grado di chiedere agli studenti di pensare alla forza dell'argomento dei mercati liberi, anche se questi producono molta disuguaglianza.
In secondo luogo, coloro che gestiscono dipartimenti privi di diversità ideologica hanno l'obbligo di trovare persone che rappresentino punti di vista in competizione: oratori in visita, professori in visita e nuovi assunti. Studenti e insegnanti non dovrebbero vivere in “bozzoli informativi” (sic!).
John Stuart Mill (3) ha affermato: “È impossibile sopravvalutare il valore di mettere in contatto gli esseri umani con persone dissimili da loro e con modalità di pensiero e di azione diverse da quelle con cui hanno familiarità. Tale comunicazione è sempre stata, ed è, particolarmente nell'era attuale, una delle principali fonti di progresso. "
E IN ITALIA ?
Se si naviga in rete ci accorgiamo che il problema c’è anche da noi: si va dal professore di Verona che dice allo studente di destra, minacciando: ”ci rivedremo all’esame…”, alle denunce di discriminazioni nell’assunzione di docenti di destra, ai vari tentativi di capire “perché gli insegnanti sono tutti di sinistra”; e così via. Ma non c’è alcun tentativo, mi pare, di evidenziare dati, problematiche e soluzioni.
C’è però un articolo di Repubblica.it (2) del 2010, dal titolo accattivante: ”Perché la maggioranza dei docenti universitari (e dei giornalisti) sono di sinistra”; il lettore ingenuo può pensare che si parli dell’Italia; ma non parla dell’Italia: parla solo degli USA, citando un altro studio statistico, ma riferendo una interessante osservazione secondo cui ci si dovrebbe chiedere “perché quelli di sinistra vogliono tutti fare gli insegnanti”; e di questo quesito dà questa chiarissima e logica risposta: “ tutto dipende dal typecasting, ovvero dall'idea che si forma nella nostra mente, sulla base delle convenzioni e degli stereotipi sociali, di chi fa una certa professione. L'immagine di un docente universitario, specie in campo umanistico, richiama alla mente quanto segue: giacca di tweed, pipa, occhiali, erudizione, secolarismo e idee politiche progressiste, ossia liberal, come si dice in America. E questa immagine influenza i giovani al momento di scegliere che carriera fare”.
Come scrivevo sopra, non ho dati per l’Italia, ma almeno finalmente sappiamo perché i nostri giovani di sinistra vogliono intraprendere la carriera universitaria umanistica. Chissà se lo stesso vale per i giornalisti.
- https://www.nas.org/academic-questions/31/2/homogenous_the_political_affiliations_of_elite_liberal_arts_college_faculty
- http://franceschini.blogautore.repubblica.it/2010/03/07/perche-la-maggioranza-dei-docenti-universitari-e-dei-giornalisti-sono-di-sinistra/
- The English philosopher and economist John Stuart Mill (1806-1873) was the most influential British thinker of the 19th century. He is known for his writings on logic and scientific methodology and his voluminous essays on social and political life.
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