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Riscaldamento climatico: qualcuno ci prende in giro! di Achille De Tommaso 3-10-2019

E’ logico, e urgente, per molti, che, per diminuire il riscaldamento climatico, si debba diminuire l’uso di combustibili fossili: ciononostante, anche se crescono da anni gli sbandieramenti di catastrofi imminenti e le preoccupazioni per il riscaldamento globale, le aziende energetiche stanno progettando di aumentare sempre di più la produzione di combustibili fossili.


Vediamo alcune prese in giro passate:
Era l'aprile del 1968, 51 anni fa, quando nacque il “Club di Roma”(1). I fondatori decisero di investire fondi per realizzare una serie di rapporti sui “dilemmi dell’umanità” analizzati scientificamente nelle cause e nelle possibili soluzioni. Per farlo decisero di finanziare le ricerche di un gruppo di scienziati del Massachusetts Institute of Technology (MIT). Questi elaborarono un modello computerizzato e un rapporto per prevedere le conseguenze ambientali ed economiche della crescita incontrollata della popolazione e della produzione industriale. Il “Club di Roma” fu un flop per alcuni; un tentativo di truffa intellettuale per altri. Le posizioni critiche dei contenuti dei Limiti dello sviluppo, che fu il titolo del loro rapportoaumentarono, infatti, sino a mettere sotto accusa il Club di Roma ritenendo che il loro vero scopo fosse “quello di organizzare la propaganda sulla crisi ambientale e sfruttare quest’ultima per giustificare la centralizzazione del potere (secondo il paradigma problema-reazione-soluzione), la soppressione dello sviluppo industriale sia in Occidente che nel Terzo Mondo, ed il controllo della popolazione mediante l’eugenetica.” E sino ad arrivare a definire il Club di Roma un’ impostura.
NAZIONI UNITE (AP) 30 giugno 1989 (2), 30 anni fa. Un alto funzionario ambientale delle Nazioni Unite affermò che intere nazioni avrebbero potuto essere spazzate via dalla faccia della Terra dall'innalzamento del livello del mare, se la tendenza al riscaldamento globale non veniva invertita entro il 2000. Questo funzionario, Noel Brown, direttore dell'ufficio di New York del Programma Ambientale delle Nazioni Unite, dichiarò anche che inondazioni costiere e inaridimenti delle colture avrebbero creato, nel futuro prossimo, un esodo di "rifugiati ecologici", minacciando il caos politico. Egli affermò che i governi hanno una finestra di 10 anni di opportunità per risolvere l'effetto serra prima che vada oltre il controllo umano.
(17 Novembre 2007), 12 anni fa. Nella sua relazione di sintesi scientifica definitiva, il gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (IPCC) (3) lanciò una più forte richiesta di intervento immediato per salvare l'umanità dalle conseguenze mortali delle sfrenate emissioni di gas serra. Questo rapporto - firmato da 130 nazioni tra cui Stati Uniti e Cina – chiudeva la porta (si asseriva) su qualsiasi argomento per ritardi e chiariva che in nessun caso dobbiamo ascoltare coloro che esortano ad aspettare.
Vediamo ora alcune prese in giro presenti e future:
In America, la più grande economia del mondo e il suo secondo più grande inquinatore, i cambiamenti climatici stanno diventando difficili da ignorare. A novembre gli incendi hanno bruciato la California; lo scorso inverno Chicago sembrava più fredda, dicono, di alcune parti di Marte. Gli scienziati diffondono oggi allarmi a piene mani (in realtà altri affermano che è un fattore ciclico e altri che non è dovuto alla CO2): il 73% degli americani intervistati dalla Yale University alla fine dell'anno scorso ha affermato che il cambiamento climatico è reale. La sinistra del Partito Democratico vuole mettere un "New Deal verde" al centro delle elezioni del 2020. L'anno scorso sono state chiuse circa 20 miniere di carbone. I gestori di fondi spingono le aziende a diventare più ecologiche. Warren Buffett (4) sta investendo 30 miliardi di $ nell’energia pulita e Elon Musk ha in programma di riempire le autostrade americane di auto elettriche.
Eppure in mezzo a tutto questo clamore c'è un'unica verità stridente. La domanda di petrolio è in aumento e l'industria energetica, in America e nel mondo, sta pianificando investimenti multimiliardari e crescenti per soddisfarla.
Nessuna azienda incarna questa strategia meglio di Exxon Mobil, (5) il gigante che i rivali ammirano e gli attivisti verdi odiano. Essa prevede di pompare il 25% in più di petrolio e gas entro il 2025 rispetto al 2017. Se il resto del settore persegue una crescita anche modesta, le conseguenze per il clima, se fosse vero ciò che affermano i “green”, potrebbero essere disastrose.
Per gran parte del XX secolo, le cinque major petrolifere - Chevron, Exxon Mobil, Royal Dutch Shell, BP e Total - hanno avuto più influenza di alcuni piccoli stati. Oggi, sebbene il potere delle major sia leggermente calato, esse definiscono e pilotano quasi tutte le strategie delle aziende energetiche mondiali; anche delle più piccole (che controllano comunque un altro quarto degli investimenti). E milioni di pensionati e altri risparmiatori si affidano ai loro profitti: delle 20 aziende che pagano i maggiori dividendi in Europa e in America, quattro sono major.
Nel 2000 BP promise di “ andare oltre il petrolio" e, alla luce di ciò, anche altre major sono effettivamente cambiate. Tutte affermano di sostenere l'accordo di Parigi per limitare i cambiamenti climatici e tutte stanno investendo in energie rinnovabili come il solare. Shell ha recentemente affermato che avrebbe frenato le emissioni dei suoi prodotti.
Però, alla fine, si dovrebbero giudicare le aziende da ciò che fanno, non da quello che dicono.
Secondo ExxonMobil, la domanda globale di petrolio e gas aumenterà del 13% entro il 2030 (anche per l’aumento di popolazione e l’aumento di nuove tecnologie consumatrici di energia). E questo tiene conto di recuperi di efficienza e risparmi, senza i quali la domanda di energia sarebbe doppia (ultimo grafico a destra).

Se è vero, tutti le major, e non solo ExxonMobil, devono giocoforza espandere la propria produzione. Contemporaneamente, però, le compagnie petrolifere, direttamente o attraverso gruppi commerciali o di lobby, fanno pressioni contro misure che limiterebbero le emissioni.
Abbiamo quindi un problema. Il problema è che, secondo una valutazione dell'IPCC, Ente Intergovernativo per la Scienza del Clima, la produzione di petrolio e gas deve diminuire di circa il 20% entro il 2030 e di circa il 55% entro il 2050, al fine di arrestare l'innalzamento della temperatura della Terra di oltre 1,5 ° C al di sopra del suo livello preindustriale. Ma pare che nessuno abbia voglia, o almeno preveda, di diminuire la produzione; anzi, prevedono di aumentarla. Bella presa in giro !
Concludiamo da ciò che le imprese energetiche devono quindi essere considerate immorali e da combattere? No; semplicemente stanno rispondendo alle regole del mondo finanziario. I rendimenti finanziari del petrolio sono infatti superiori a quelli delle energie rinnovabili. Per ora, la domanda mondiale di petrolio sta crescendo dell'1-2% all'anno, simile alla media degli ultimi cinque decenni; e, si noti, la tipica major deriva una minoranza del suo valore di borsa attuale dai profitti che realizzerà dopo il 2030. Per quanto le major siano diffamate dai guerrieri del clima, (molti dei quali guidano automobili e prendono aerei) dobbiamo ricordare che non è solo legale per loro massimizzare i profitti, è anche un requisito che i loro azionisti richiedono sia rispettato.
Alcuni sperano che le compagnie petrolifere si dirigano gradualmente verso una nuova direzione, ma ciò sembra solo una ottimistica speranza; perché sarebbe avventato fare affidamento su innovazioni brillanti per salvare la situazione. Gli investimenti globali nelle energie rinnovabili, circa 300 miliardi di $ all'anno, sono molto meno di ciò che viene impegnato nei combustibili fossili alla ricerca di migliori metodi di estrazione. Anche nel settore automobilistico, dove sono oggi prodotte decine di modelli elettrici, circa l'85% dei veicoli dovrebbe ancora utilizzare motori a combustione interna nel 2030 (e comunque l’elettricità si produrrà in buona parte col petrolio).
Allo stesso modo, il boom degli investimenti etici. Fondi con un patrimonio di 32 miliardi di $ si sono uniti per fare pressione sui maggiori produttori petroliferi del mondo. I gestori di questi fondi, di fronte a un possibile crollo delle loro attività tradizionali, sono in realtà lieti di vendere prodotti ecologici che, comportano commissioni più elevate. Ma pochi grandi gruppi di investimento hanno scaricato le quote delle grandi aziende energetiche. Nonostante molta pubblicità, i recenti impegni delle compagnie petrolifere nei confronti degli investitori verdi rimangono modesti.
E non ci si aspetti molto dai tribunali. Gli avvocati stanno portando avanti ondate di azioni legali accusando le compagnie petrolifere di tutto: dall'ingannare il pubblico, all'essere responsabili dell'innalzamento del livello del mare. Alcuni pensano che le compagnie petrolifere subiranno lo stesso destino delle aziende del tabacco, che hanno dovuto affrontare enormi procedimenti legali negli anni '90. Dimenticano, però, queste persone, che il consumo tabacco è, in buona misura, ancora in attività. A giugno un giudice federale in California ha comunque stabilito che i cambiamenti climatici sono di competenza del Congresso e della diplomazia, non dei giudici.
Giudicate voi se siamo o no presi in giro (e magari ci stiamo prendendo in giro da soli).
Comunque adesso i guru ci dicono che i prossimi 15 anni saranno fondamentali per il cambiamento climatico. Però, se gli innovatori, gli investitori, i tribunali e l'interesse personale delle aziende non possono frenare i combustibili fossili, allora l'onere dovrà probabilmente ricadere sul sistema politico; che avrà (come già ha) la responsabilità di garantire però anche l’eguaglianza sociale e di qualità della vita; cose che verrebbero messe a rischio dal freno sugli investimenti energetici.
La chiave sarà forse mostrare agli elettori che la riduzione delle emissioni è pratica e non causerà disuguaglianze. Sebbene, però, l'emergente New Deal verde dei democratici USA aumenti la consapevolezza, quasi certamente non supera il test di “praticità”, poiché si basa su una massiccia espansione della spesa pubblica e della pianificazione centrale. Si potrebbero tassare le emissioni di carbonio; ma i gilet jaunes in Francia hanno mostrato quanto possa essere difficile.
Nell’attesa, quindi, che la data del Giudizio Universale, (speriamo) venga spostata ancora in avanti, al momento pare comunque che l’unico lato positivo di questo battage, sia la generale sensibilità all’eliminazione dei rifiuti, plastica in testa. Il che non è male comunque.

  1. https://ilbolive.unipd.it/it/news/club-roma-50-anni-dopo-stessi-dilemmi
  2. https://www.apnews.com/bd45c372caf118ec99964ea547880cd0
  3. https://thinkprogress.org/absolute-must-read-ipcc-report-debate-over-further-delay-fatal-action-not-costly-b87af244a16b/
  4. Buffett è chiamato "l'oracolo di Omaha" oppure "il mago di Omaha", per la sua sorprendente abilità negli investimenti finanziari e nel predire guadagni ed eventuali, seppur limitate, perdite.
  5. economist.com/leaders/2019/02/09/the-truth-about-big-oil-and-climate-change

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