sabato 30 maggio 2020

Il 5G non sarà come vogliono farci credere. Ecco perché

Liberazione delle frequenze con tempi utopistici; elevati costi di produzione dei terminali; nuovi servizi non ben definiti; tempi di realizzazione non realistici. Eccetera. Sono tanti i motivi per mettere in dubbio le promesse del 5G
12 Apr 2017
Achille De Tommaso
Anfov

l 5G corre il pericolo di non vedere mai la luce; almeno non nella maniera e nei tempi che ci vengono raccontati. Vi sono molte ragioni per questa affermazione, non ultime le complessità dei progetti coinvolti ed il loro costo.
Innanzitutto, la liberazione delle frequenze 640-790 Mhz (ora in mano delle TV digitali) entro fine giugno 2020 appare utopistica, e questo comporterà che, secondo stima, il 5G potrà decollare solo nell’1% delle aree più avanzate del pianeta. Questo fatto rischia di non ripagare molti degli sforzi economici degli investitori. Molto probabilmente si dovrà fare a meno di qualcosa.
È idea comune che il 3GPP continuerà lo sviluppo dell’LTE fino al 2020 almeno, e non ci si aspetta che venga rimpiazzato come tecnologia dominante fino al 2030. Se ci vuole così tanto tempo, come potranno nel frattempo sopravvivere gli sviluppatori e investitori di apparati di base e di backhaul? E quelli che costruiranno terminali?
Si dice spesso che il 5G sarà meno costoso da sviluppare delle tecnologie precedenti; ed è pur vero che tecniche come NFV (Network Function Virtualization) e SDN (Software Defined Networking) aiuteranno in tal senso. Ma questo riguarda solo una parte della catena tecnologica; si stima infatti, ad esempio, che, per come sono oggi definiti, per costruire i terminali ci vorranno almeno 1800 $ cadauno; ma, se non si potranno fare economie di scala con larghe produzioni, (e vedremo appresso i problemi relativi) i costi lieviteranno. Saranno i prezzi accettabili?
Altro discorso riguarda i servizi innovativi, che potranno essere convogliati sul 5G; già gli analisti dicono che il video UHD non basterà per un recupero degli investimenti; anche perché, comunque, si ritiene che gli utenti ben si accontenteranno del WiFi. Quindi, quali saranno questi nuovi servizi? Da notarsi come mai in passato una nuova tecnologia sia stata spinta sul mercato per risolvere così tanti problemi senza che sia stato chiaro se e chi avrebbe pagato per essi e in che lasso di tempo.
E se approfondiamo il discorso dei terminali, ci accorgiamo che, anche in questo caso abbiamo un problema, perché siamo messi di fronte al sogno che, per merito del 5G, potremo fare tutto. Ad esempio con auto a guida autonoma, nella guida automatica di droni, nella realtà virtuale, nello IOT, in Industry 4.0. Ma siamo sicuri che per fare ciò ci voglia il 5G? O comunque che ci vogliano necessariamente degli smartphone?
E la durata della carica della batteria? I terminali che potrebbero essere costruiti oggi si stima avrebbero una durata di carica di un’ora col 5G. Ovviamente fra tre anni aumenterà: due ore? Tre ore? Basterà?
La più grossa bugia potrebbe però essere nel lasso di tempo; che vede come obiettivo il 2020. Ma dove troveranno i tecnologi il tempo per svilupparlo, in pratica entro tre anni, se, nel frattempo devono lavorare per installare il 4GPlus (LTE Advanced o LTE-A)? Teniamo presente che in alcune aree italiane non c’è ancora il 4G. Pare, tra l’altro, che ci si sia dimenticati del 4GPlus: ora si parla solo del 5G; mentre gli operatori stanno anche lavorando sul 4GPlus. elefonia mobile. Il 3G cominciò ad essere venduto nel 2002, e nel 2003 cominciammo a sentir parlare dell’HSDPA (3.5G) come sentiamo oggi parlare del 5G; in prove precertificate. Ebbene, l’HSDPA subì sei reiterazioni, cui occorsero quasi sei anni; nello stesso tempo emersero varianti dello HSDPA come lo HSUPA ed altre. La tecnologia del 5G è più complessa, anche nelle installazioni delle stazioni base. Siamo sicuri che 3 anni basteranno?
Ma veniamo al problema tecnico fondamentale che è quello del comportamento delle frequenze intorno ai 600 Mhz. Il 5G è progettato nel fornire maggiore capacità mediante l’uso di molte più stazioni base, ma anche nell’uso di stazioni più piccole, che possano lavorare in “portata ottica”, come i ponti radio; fornendo quindi migliore efficienza d’uso di frequenze.
Ma i primi esperimenti con l’uso di queste frequenze mostrano vari problemi. Il primo è che non solo il segnale può essere sensibilmente attenuato dalla presenza degli edifici; ma anche dalla tipologia di alcuni tipi di finestre di vetro contenenti metallo, presenti in grattacieli ed edifici moderni. La soluzione (costosa), è che ogni edificio, o addirittura ogni stanza, debba avere la sua stazione base. Ovviamente il WiFi potrà aiutare, ma le stazioni base necessarie potrebbero essere molte di più di quelle pensate finora; con ulteriore lievitare dei costi. Il grande numero di stazioni base porta a due altri problemi: quello della potenza da usare e quello della interferenza che possono avere due stazioni molto vicine. Il problema dell’interferenza si pensa possa essere risolto mediante l’uso di due protocolli: il elCIC e il CoMP. Ma non mi risulta che fino ad oggi si siano fatte prove esaurienti di questi protocolli con 5G; quello che è sicuro è che col loro uso diminuisce sensibilmente l’efficienza di trasmissione. Il discorso della potenza potrebbe poi avere impatti di tipo ecologico, che non mi pare siano stati ancora affrontati. Altro fattore che può danneggiare l’efficienza d’uso delle frequenze è, che, in presenza di un alto numero di celle sul percorso che fa l’utente, il sistema deve fornire continui “handover”, che necessiteranno di un sensibile aumento delle informazioni di controllo da trasmettere.
Un altro grande problema è l’armonizzazione delle frequenze attraverso i vari stati. Il tema dovrà essere discusso dal WRC nel 2019, ma è sicuro che USA, e magari Giappone e Corea, non vogliano aspettare tanto e comincino a presentare le loro frequenze. Magari anche per appropriarsi di qualche vantaggio industriale. Ma lo spettro che gli USA vogliono usare pare non essere disponibile in molte nazioni, e questo porterà inevitabilmente alla perdita di economie di scala da parte dei produttori.
Per non parlare del “backhaul”, che, in generale, rappresenta il 25% le spese operative di un operatore; ebbene, a causa del sensibile aumento del numero delle celle, i costi relativi si stima possano aumentare del, come minimo, 30%.
Da ultimo la concorrenza del WiFi. È buffo il fatto che al momento si pensi che, con l’avvento del 5G, il WiFi possa morire. Può darsi, ma, al momento può apparire il contrario: in presenza di un numero sempre maggiore di questi accessi, collegati sempre di più a reti in fibra ottica, e sempre più gratuiti, il vantaggio del 5G si limiterebbe grandemente solo alla mobilità. E questo potrebbe non bastare per le suddette economie di scala.
Ovviamente, pochi tecnologi ed esperti in genere conoscono oggi tutta la verità su questo argomento, che è altamente complesso: i costruttori stanno preparando la strada al 5G, ma saranno solo le prime prove degli operatori che daranno loro la vera scala di valori di investimenti, spese operative e ritorni. E di problemi tecnici.

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