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Il riscaldamento globale non è causato dalla CO2 di Achille De Tommaso 19-3-2019

Il riscaldamento globale è all’attenzione di parecchie persone e gli scienziati sono molto divisi sulle sue cause. Storicamente una parte di questi scienziati si è concentrata sull’Effetto Serra (ES) e sulla sua caratteristica antropica (ossia generata dall’Uomo); invitando i popoli mondiali a mobilitarsi contro di esso. In particolare a mobilitarsi contro la generazione di CO2, che, a loro parere, è causa dell’ES. Un altro e folto gruppo di scienziati confuta in vario modo queste conclusioni.

Le confuta soprattutto:
1. Ricorrendo a dati storici circa la temperatura della Terra, dimostrando che non si sta scaldando
2. Dimostrando che la CO2 non c’entra niente, anche in considerazione della bassissima concentrazione percentuale nell’aria.
Ma c’è un’altra ricerca, recente (2017) e molto interessante (*).
Essa dimostra, con rigoroso metodo scientifico, che l’ES non è causa del riscaldamento globale; ma che è effetto del riscaldamento atmosferico. Riscaldamento che, a sua volta, è dovuto alla pressione atmosferica. E quindi la CO2 non c’entra niente. Infatti i gas “assorbitori di luce infrarossa”, come il CO2, re-irraggiano le emissioni a bassa frequenza disponibili e non sono in grado di costituire un significativo elemento di immagazzinamento di calore o essere addirittura sorgenti di energia addizionale.
Lo studio è pubblicato dall’istituto americano Environment Pollution and Climate Change; ha affermato innanzitutto che i calcoli effettuati sin qui circa ES sono sbagliati. Ossia che l’effetto serra atmosferico naturale della Terra è di circa 90 K ossia circa 3 volte più forte di quanto ipotizzato negli ultimi 40 anni. Il che significa, come vedremo, che ci stiamo fasciando inutilmente la testa: i valori del gas serra tre volte quanto ritenuto normale, sono invece normalissimi.
I due ricercatori (Ned Nikolov e Karl Zeller) hanno presentato quindi una nuova indagine sulla natura fisica dell’effetto termico atmosferico utilizzando un nuovo e interessante approccio empirico per predire la temperatura media globale di equilibrio della superficie (GMAT) annuale media del nostro pianeta: hanno osservato la temperatura di 6 pianeti rocciosi con atmosfere diverse, nell’arco di 30 anni. E ne hanno valutato le cause della variazione.
In particolare: il loro metodo utilizza l’analisi dimensionale applicata a un insieme controllato di dati osservati, nel corso di 30 anni, da sei corpi celesti, che rappresentano una vasta gamma di ambienti fisici nel nostro sistema solare, ovvero Venere, Terra, Luna, Marte, Titano (una luna di Saturno) e Tritone (una luna di Nettuno). Dodici relazioni suggerite da questa analisi vengono esplorate attraverso analisi di regressione non lineare, che coinvolgono prodotti adimensionali costituiti da: irradiamento solare, pressione / densità parziale di gas serra e pressione / densità atmosferica totale come variabili forzanti; e due rapporti di temperatura come variabili dipendenti.
Ebbene, l’analisi ha rivelato innanzitutto che le GMAT di pianeti rocciosi con atmosfere significative e un riscaldamento superficiale geotermico trascurabile possono essere accuratamente previste in un’ampia gamma di condizioni utilizzando solo due variabili: irraggiamento solare e pressione atmosferica totale di superficie.
(Dal punto di vista di cura metodologica dell’analisi: i due ricercatori affermano che la relazione pressione-temperatura si è rivelata statisticamente valida; e descrive un continuum fisico regolare senza punti critici climatici. Questo continuum spiega pienamente l’effetto termico 90 K scoperto di recente dell’atmosfera terrestre. Ed è quindi empiricamente validato).
Il nuovo modello mostra le caratteristiche di una relazione termodinamica emergente fino ad ora sconosciuta alla scienza; e che ha importanti implicazioni teoriche. Un aspetto chiave del modello è che l’effetto serra “atmosferico” attualmente visto come un fenomeno radiativo è in realtà un fenomeno termico adiabatico (indotto dalla pressione); analogo al riscaldamento per compressione (come nei motori diesel: la compressione provoca il forte riscaldamento del gas nel cilindro…) e indipendente dalla composizione atmosferica (quindi, che ci sia o meno CO2 importa poco).
In altre parole, il cosiddetto ES è globalmente il risultato dell’effetto termico atmosferico piuttosto che una causa per esso. Questo modello empirico ha anche implicazioni fondamentali per il ruolo degli oceani e del vapore acqueo, nel clima globale.
Poiché prodotto da un rigoroso tentativo di descrivere le temperature planetarie nel contesto di un continuum cosmico utilizzando un’analisi oggettiva di osservazioni controllate di tutto il Sistema Solare, concludono i ricercatori, questi risultati richiedono un cambio di paradigma nella nostra comprensione dell’effetto serra ‘atmosferico’ come fondamentale proprietà del clima.
Quindi, questa è una “cattiva notizia”: infatti se il riscaldamento globale non è causato dall’uomo (che produce troppa CO2); l’uomo non può fare nulla per modificarlo.

(*) New Insights on The Physical Nature of the Atmospheric Greenhouse effect Deduced from an Empirical Planetary Temperature Model

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